Chi mi segue con più attenzione ha notato subito che il mio profilo Instagram era tornato online venerdì, un paio di giorni fa. È stata la conclusione di un’odissea che va avanti da inizio gennaio con problemi nuovi che saltavano fuori ogni due giorni. Come immaginerete, per me è stata una incredibile fonte di stress, che ho cercato di sostenere per due mesi mentre nel frattempo portavo avanti i progetti in corso e tentavo – anche se gli occhi dell’emergenza sono raramente buoni consiglieri – di continuare ad avere lo sguardo volto al futuro.
Ho deciso di raccontare quello che mi è successo qui, perché tra le emozioni più difficili da gestire in questo periodo c’è stata la sensazione di essere completamente sola, a gestire un problema che sembrava nessuno riuscisse a risolvere. È stato alienante, e per mesi non sono riuscita a pensare ad altro. Ora che ne sono uscita (più o meno) so che in realtà è una cosa che potrebbe succedere a chiunque. Spero quindi che la prossima persona che si trova in difficoltà capiti qui, e spero non solo che queste parole possano essere di conforto, ma che qualche indicazione pratica possa tornare utile a chiunque.
Ecco la storia di come mi è stato disabilitato il profilo Instagram senza preavviso e come ho risolto
L’inizio della storia: sottrazione di password
A inizio gennaio sono sul divano comoda a leggere, quando alle 23 ricevo una mail da facebook che mi chiede di cambiare la mia password. Capisco subito che qualcosa non va perché non ho mai ricevuto un messaggio del genere prima, così mi siedo subito al pc e cambio la password. Per sicurezza, dato che comunque si tratta della stessa azienda, cambio la password e installo l’autenticazione a due fattori anche su Instagram.
Insegnamento per voi numero 1: se non l’avete ancora fatto, installate l’autenticazione a due fattori su qualunque vostro account. Io ce l’avevo attiva da qualche parte, ma non ovunque e non sui social. Mi avrebbe risparmiato parecchi soldi e problemi.
Nonostante il cambio praticamente immediato della password dopo aver ricevuto la mail, qualche ora dopo il profilo facebook viene disabilitato perché sono stati pubblicati post che vanno contro gli standard della comunità (ovviamente non da me). Nel frattempo, nel corso delle due settimane successive, mi viene hackerato qualsiasi account: Spotify è quello che cade più di frequente nonostante i vari cambi di password, succede poi a Gmail, a PayPal, a Microsoft, a Dropbox. Ogni volta che cadono, come in un crudele gioco di wack-a-mole, installo l’autenticazione a due fattori su tutto.
Una delle cose più gravi che succedono – qualcuno di voi forse lo ricorderà – è che viene hackerato anche questo sito, insieme all’account mail collegato che viene sospeso per invio di troppo spam. Succede quando pubblico questo articolo a cui lavoravo da mesi e che vi era piaciuto moltissimo.
Un paio di ore dopo, al posto del sito trovo soltanto una gif di Spongebob Squarepants e sotto la scritta “sorry, I’m bored”. Non vi dico la frustrazione del dover costantemente put out fires, come diremmo in inglese, mentre qualcuno dall’altra parte del fronte è soltanto annoiato. L’assistenza Siteground mi aiuta a recuperare il sito, ma l’articolo pubblicato qualche ora dopo era andato perso: per fortuna, un’amica (ciao Nora!) riesce ancora a visualizzare il mio articolo, così mi manda diversi screenshot, da lì lo ricopio e qualche ora dopo torna online.
Le cose sembrano essere risolte e invece no
Come immaginerete, è incredibilmente stressante sentirsi violati tutto il tempo. Ero arrivata a sospettare che qualcuno stesse controllando la mia tastiera mentre digitavo le nuove password, perché non capivo come potessero venire scoperte sempre. Per fortuna, un caro amico che lavora nel campo della sicurezza informatica (Hei!) mi dice che è molto improbabile. In ogni caso, installo l’autenticazione a due fattori su tutto, e mano a mano le acque si calmano. Quello che è successo è che la mia password era stata inclusa in un data breach (potete scoprire se è anche il vostro caso qui), quindi venivano violati tutti gli account che condividevano la stessa password.
Insegnamento per voi numero 2: scegliete una password diversa per ogni account. Così, se anche una combinazione di email + password viene compromessa, non succede su più di un account.
Dopo 10 giorni anche facebook viene sbloccato e riesco a ripulire il profilo delle azioni sospette, tra post orribili (orribili!) e richieste di amicizia che non erano state fatte da me. Era anche stata clonata la mia carta di credito, che era collegata al mio account pubblicitario su facebook. Denunciata la cosa alla polizia postale e bloccata la carta, ricevo dalla banca il rimborso della cifra sottratta qualche giorno dopo.
Per circa una settimana non succede nulla. Siamo ai primi giorni di febbraio. Penso di poter finalmente tirare un sospiro di sollievo, nel frattempo mi gestisco un’influenza e invece…
Instagram viene disabilitato senza preavviso
Il pomeriggio dell’8 febbraio, il mio profilo Instagram viene disabilitato senza preavviso. Non lo stavo nemmeno usando in quel momento: prima di uscire funzionava, quando torno a casa non funziona più. Quando provo ad accedere, inserendo il codice dell’autenticazione a due fattori, mi dice che “il profilo facebook collegato non rispetta gli standard della comunità. Chiedi di riesaminare la decisione su Facebook”.
“Ma come?” – mi chiedo. Su facebook è tutto a posto, non c’è alcun avviso strano. Contatto immediatamente l’assistenza, a cui si accede avendo un account business.
Insegnamento per voi numero 3: specialmente se usate i social per lavoro, fate una sponsorizzata. Anche se in realtà non vi serve. Ma almeno avrete accesso alla chat di facebook (Meta support team) per parlare con una persona in carne e ossa che possa risolvere il vostro problema.
Ricevo quindi una telefonata da Meta, in cui mi si dice che probabilmente è successo tutto per via di quella cifra che l’hacker aveva sottratto dalla mia carta di credito. Per me la situazione era risolta, tanto che la carta era già bloccata. Mi chiedono 48 ore di pazienza per risolvere la cosa. Al terzo giorno di attesa riscrivo, e mi dicono di nuovo di avere pazienza.
Faccio fatica a capire cosa ci fosse di complesso nella mia situazione, dato che nel frattempo mi era anche arrivato il rimborso da parte della banca (il che significa che quella cifra originariamente sottratta, a Meta era arrivata). Ma cerco di portare pazienza.
A dieci giorni dalla disabilitazione inizio davvero ad agitarmi, perché Instagram conserva i contenuti dei profili disabilitati per 30 giorni, dopo di che possono essere eliminati. Soprattutto, pressando un povero membro dell’assistenza per l’ennesima volta scopro che il problema a cui stavano lavorando, in realtà, era un errore contabile loro. Resisi conto dell’errore dopo la mia segnalazione, chiudono il mio caso e si scusano per il disguido.
Problema: il mio Instagram ancora non funziona, e quando provo a fare le varie procedure guidate che hanno messo in piedi (e se il problema è abbastanza standard, di solito quelle procedure guidate funzionano) non vanno a buon fine. Questo perché a Instagram risulta che il problema sia di facebook e quindi devo risolverlo con loro. All’assistenza di Meta, invece, risulta che sia un problema di Instagram, su cui loro non hanno alcun controllo (sembra assurdo essendo Instagram proprietà di Meta, ma mi è stato detto proprio così).
In buona sostanza vengo costantemente rimbalzata – da una parte, dalle procedure automatiche di Instagram, dal quale riesco anche all’ottavo tentativo a farmi riconoscere tramite videoselfie (la procedura guidata quando si sospetta che il profilo sia stato hackerato), ma dal quale comunque l’accesso viene bloccato perché risulta sia un problema di facebook. Dall’altra, dall’assistenza di Meta, che persino dopo la mia minaccia di far gestire le cose dai miei legali, mi dicono che non possono aiutarmi perché si tratta di un problema di Instagram.
Sono bloccata, senza via d’uscita e con il countdown che procede inesorabile fino al giorno della perdita di tutti i contenuti.
La fase del panico
So che si dice che bisogna mantenere la testa calma per fare scelte ragionate, ma capirete bene che a quel punto la situazione si era messa davvero male.
A facebook non risultava nulla di strano, il mio profilo era pulito. Instagram la pensava diversamente, e non c’era modo di parlare con loro.
Ero particolarmente angosciata per due motivi. Da una parte, Instagram era parte integrante del mio lavoro. E per quanto io sia sempre stata orgogliosa della mia scelta strategica di non diventare “quella che insegna inglese su Instagram”, e per quanto io l’abbia sempre usato in modo molto moderato, è innegabile che non avere più un account Instagram mi avrebbe precluso certe opportunità in futuro.
(devo riconoscere, in questa storia, tutta una serie di privilegi: il primo è che il mio fatturato non ha subito variazioni in questi mesi, nonostante le attività per far conoscere la mia scuola fossero di fatto quasi interamente bloccate. Questo perché negli anni passati ho lavorato tanto per costruire un sito fatto bene che mettesse in mostra la mia solida reputazione, al di fuori della bolla dei social. Questa strategia, alla lunga, ha dato i suoi frutti. Lo dimostra il fatto che proprio in questo periodo di “silenzio social” sono partiti tanti corsi nuovi).
Il secondo motivo del panico è molto più personale: chi mi segue da tempo sa che lo scorso novembre ho dovuto dire addio alla casa californiana che mi ha ospitata per tutti i 19 anni di frequentazione con quella terra. A livello emotivo è stato un duro colpo che ancora non ho pienamente assorbito. Su Instagram avevo ricordi legati a quella casa che provengono da tanti telefoni e archivi fa, e avevo paura – proprio in questi mesi in cui stavo elaborando ancora questa grande perdita – di averli persi per sempre.
La conclusione
Negli ultimi 10 giorni prima dell’arrivo del fatidico trentesimo giorno, in cui avrei rischiato l’eliminazione dei contenuti dell’account, le provo tutte. Contatto tramite LinkedIn persone che lavorano a Instagram, ovviamente senza ricevere risposta. Scrivo ad amici o contatti di lavoro con cui ho collaborato negli anni, facendomi dare contatti di persone che lavorano a Instagram. Non serve a nulla, ma mi ricorda una cosa importante.
Insegnamento numero 4: la comunità è importante. Sono sempre stata convinta dell’importanza di nutrire una rete fatta di persone che apprezzano me e il mio lavoro. Sono molto generosa con il mio tempo e le mie energie e faccio un sacco di favori. Questo perché so che se sono costantemente generosa con il mio mondo, proprio come filosofia di vita, il mio mondo sarà generoso con me se dovesse sorgere la necessità. E così è stato: ci sono state persone che hanno risposto alle mie richieste di aiuto a orari allucinanti, e l’hanno fatto solo perché sapevano che sono una brava persona che non si meritava quello che le stava succedendo. Coltivate una rete di persone, con affetto, generosità e senza aspettarvi mai nulla in cambio. Se dovesse mai sorgere la necessità di chiedere aiuto, le persone vi aiuteranno più volentieri.
Ci tengo quindi a ringraziare tutte le persone che si sono fatte vive con me, mettendomi a disposizione i loro contatti e le loro risorse. Nessuna era obbligata a farlo, ma l’ha fatto perché ha capito che ero in un momento di difficoltà che – data la natura abbastanza randomica di quello che stava succedendo – potrebbe capitare a chiunque, anche a loro.
Avevo sentito storie di persone che erano riuscite a risolvere la questione avendo un contatto fisico all’interno di Instagram o di Meta. Questa volta, anche questo non funziona.
La svolta
In preda alla disperazione, sparo l’ultima cartuccia. Digito su google “aiuto profilo Instagram disabilitato”. Trovo un’azienda italiana, Starting srl, specializzata proprio in recupero profili hackerati o disabilitati. Tengo gli occhi molto aperti: controllo che le recensioni ai loro servizi siano autentiche e provenienti da profili reali, controllo le connessioni professionali su LinkedIn. Mi sembra un’agenzia legittima.
Prenoto una chiamata gratuita con loro per il giorno successivo – il tempo stringe. Nel corso della chiamata racconto tutto quello che ho raccontato a voi qui sopra. Loro ascoltano e mi fanno domande molto precise, che mi fanno capire che sono sul pezzo. Valutano che il mio caso è risolvibile, e decidono di lavorarci.
Una premessa: i loro servizi si aggirano da diverse centinaia a diverse migliaia di euro, a seconda del grado di complessità del caso. Io ho avuto il privilegio di potermi permettere una spesa consistente assolutamente non prevista, per risolvere un problema i cui contorni ancora non ho ben capito. Mi rendo conto che non è una possibilità che hanno tutti e sono molto consapevole di quanto sia ingiusto. Ecco perché è importante che adottiate delle misure di sicurezza che impediscano di finire nel dedalo dell’assistenza Meta, se possibile.
Nove giorni dopo aver affidato a Starting il caso, il profilo Instagram è stato ripristinato.
In conclusione…
Ho deciso di affrontare questa spesa solo perché tra qualche mese partirà un progetto a cui lavoro dalla scorsa estate e che avrebbe avuto poco senso senza il vasto pubblico che mi segue su Instagram. Si tratta di qualcosa che mi chiedete di fare da tanti anni e non vedo l’ora di poterlo annunciare ufficialmente (e credetemi, questo non era certamente il modo in cui avrei voluto lasciarvi il primo spoiler, ma tant’è).
Update: il progetto è partito e ha avuto un grande successo di pubblico: è The Grid!]
Forse, se non ci fosse stato quello, non so se mi sarei aggrappata con le unghie e con i denti, usando ogni mezzo e briciola di energia possibile, per recuperare l’accesso a un canale social gestito da un’azienda che non si degna nemmeno di avere un centro assistenza.
Ma eccoci qui, dopo due mesi di stress a livelli ingestibili, ce l’abbiamo fatta.
Grazie a tutte le persone che mi hanno aiutata, con azioni concrete o anche solo ascoltando rant lunghissimi (mi sono sfogata anche in collegamento video con Socotra, ciao Ele cuore mio).
Grazie alle mie studentesse e ai miei studenti, che sono riusciti a usufruire delle mie lezioni con regolarità ma che a volte mi hanno vista con occhiaie profondissime frutto delle notti passate in contatto con Meta.
Grazie a mio marito, come sempre, per il supporto.
E grazie a Starting srl, senza il cui servizio a quest’ora avrei certamente perso il lavoro di anni sui social, e i ricordi legati alla nonna americana.
Ci sentiamo presto. Bollono cose in pentola, e ne parlerò prima di tutto nella newsletter. Vi consiglio di iscrivervi, soprattutto alla luce di tutto quello che è successo. Almeno, quello è un canale che non potranno mai chiuderci.
Elena