Le biblioteche più belle del mondo e perché le amo (oltre a qualche parola per raccontarle in inglese)

Ogni mese di aprile negli Stati Uniti si celebra il ruolo delle biblioteche: c’è una settimana a loro dedicata con eventi di ogni tipo, c’è la giornata dei bibliotecari che lavorano nel pubblico e un’altra in cui si ringrazia coloro che lavorano nelle biblioteche delle scuole. Insomma, mi sembrava il momento giusto: sedetevi qui attorno a me, voglio raccontarvi perché le biblioteche sono tra i luoghi che più amo al mondo, e già che ci sono mostrarvi alcune di quelle che ho incontrato nei miei viaggi (negli Stati Uniti e non solo).

Come sempre, però, non vorrei si trattasse di un monologo: mi piacerebbe sentire le vostre storie dalle biblioteche della vostra infanzia o di quelle che magari, come me, avete incontrato nei vostri viaggi. Potete farlo qui nei commenti o, come sempre, su Instagram.

Partiamo? Partiamo.

Le biblioteche più belle del mondo e perché le amo

1. Le biblioteche raccontano da dove veniamo, chi siamo, chi saremo

Mi perdonerete se inizio questo racconto con qualcosa che sembra un cliché, ma mi provoca un profondo senso di meraviglia la consapevolezza che esistano luoghi creati appositamente per custodire le parole che raccontano la nostra storia. Questo fanno le biblioteche: dai primi archivi dei babilonesi passando dalle più celebri biblioteche di Pergamo o Alessandria, per arrivare fino a quelle con cui abbiamo familiarità oggi.

Sarà anche per questo che, ogni volta che una biblioteca viene distrutta in modo deliberato, una parte di noi muore. Come dimenticare, per esempio, questo documentario da Sarajevo che racconta di come bibliotecari e semplici cittadini salvarono centinaia di libri dall’incendio della biblioteca? Proprio nell’aprile di trent’anni fa, i nazionalisti serbi circondarono Sarajevo soffocandola in un assedio che si sarebbe prolungato per 43 mesi. I viveri scarseggiavano, il carburante anche, e si colpivano obiettivi strategici: ospedali, mezzi di comunicazione, industrie. Nessuno poteva credere ai propri occhi, però, quando nella notte tra il 25 e il 26 agosto del 1992 fu proprio la Vijećnica, lo splendido edificio in stile moresco che ospitava la biblioteca, a cadere vittima della follia bellica. «Urbicidio», lo chiamavano i bosniaci: l’aperta volontà di distruggere il patrimonio culturale di una città e di un popolo. E’ proprio questo che successe quando, in tre giorni di rogo, venne distrutto il 90% del patrimonio della biblioteca che comprendeva due milioni di libri, periodici e documenti, tra cui almeno 155mila esemplari rari e 478 preziosi manoscritti.

In uno dei casi di serendipity che più amo dai miei viaggi, la Vijećnica riaprì i battenti 22 anni dopo la sua distruzione, proprio nei giorni in cui ero in visita a Sarajevo nel 2014 (fu un tentativo di viaggio in treno nei Balcani mezzo fallito, ne avevo parlato anche qui). Provai un timore reverenziale nel varcare quell’ingresso così crudelmente violato e nel percorrere i corridoi che ancora profumavano di vernice fresca, rimanendo poi col fiato sospeso ad ammirare gli arcobaleni creati nell’aria dalla vetrata appena restaurata.

La biblioteca di Sarajevo

Per qualche informazione in più sulla Vijećnica: questo reportage di Internazionale sui trent’anni dall’assedio di Sarajevo (la biblioteca si vede nel secondo minuto), e questo emozionante racconto di Eleonora Sacco, aka PaindeRoute, su un toccante ritorno a Sarajevo.

2. Le biblioteche aiutano a formare chi leggerà i libri di domani

In una delle mie vite passate ho lavorato per qualche mese in biblioteca grazie al servizio civile. Anche se è stata un’esperienza che ho dovuto interrompere prima del previsto (avevo trovato l’impiego dei sogni in un’agenzia letteraria dove lavoravo con piccoli editori statunitensi, swooooon), la ricordo con grandissimo affetto.

La ricordo soprattutto per via delle iniziative a favore dell’infanzia che la mia collega Stefania gestiva con entusiasmo, leggerezza e preparazione davvero invidiabili. E tutti i sabati mattina mi perdevo negli occhi di quei bimbi e quelle bimbe incantati dalla lettura ad alta voce di una fiaba, o intenti a completare un lavoretto che avrebbero poi portato a casa ai genitori.

Le biblioteche sono uno dei luoghi deputati a quelle che in inglese si chiamano literacy skills, ovvero tutte quelle abilità legate alla lettura e alla scrittura e che includono un vasto spettro di capacità come quella di recepire i messaggi, di identificare le fake news o di comunicare nel modo giusto a seconda del contesto, per esempio. Le basi di queste capacità, così necessarie per poter essere membri consapevoli della nostra società, vengono costruite anche grazie al lavoro delle biblioteche.

Qualche anno fa mi trovavo in New England per un progetto purtroppo messo in pausa causa Covid. Ero a Stockbridge, cittadina del Massachusetts famosa per essere stata immortalata in diverse illustrazioni di Norman Rockwell. Gironzolando a piedi per le viuzze che sembravano uscite da Una mamma per amica, ecco spuntare la biblioteca pubblica. Non potevo certo lasciarmela scappare, no? E meno male, perché capitai lì proprio durante la Storyhour: quell’ora che tutte le biblioteche degli Stati Uniti dedicano alla lettura ad alta voce di libri per l’infanzia. Non è bellissimo?

La biblioteca di Stockbridge, in Massachusetts

Le persone che lavorano in biblioteca, poi, sono anche maestre nel rendere la lettura appetibile al pubblico adolescente. Guardate per esempio che bella questa composizione a tema Star Wars, una delle tante esposte nella sezione giovani della biblioteca di Cincinnati. Anche lì ho passato metà giornata scombinando completamente i piani di viaggio originali durante un soggiorno in città qualche anno fa, ma questa è un’altra storia.

La biblioteca di Cincinnati

3. La biblioteca è un luogo radicale inviolabile

Spesso ci dimentichiamo di che luogo davvero radicale siano le biblioteche. Un luogo aperto a chiunque, a prescindere da sesso, età o status sociale. Un luogo dove la cultura – dove per “cultura” non intendo solo i grandi classici ma anche le riviste, i manuali, i dvd, internet… – è accessibile a chiunque ne abbia bisogno. Gratuitamente.

Specialmente in una società così piegata alle esigenze del capitalismo come quella statunitense, le biblioteche sono un luogo sacro da proteggere a tutti i costi. Fateci caso, la prossima volta che ne visitate una oltreoceano: vi troverete tante persone senzatetto.

Mentre lavoravo al mio libro su San Francisco e quindi passavo intere giornate nelle sale della biblioteca pubblica, mi ero abituata (purtroppo) al viavai di senzatetto che utilizzavano i bagni dell’edificio per farsi una doccia. Perché? Perché la biblioteca è uno dei pochi posti dove puoi semplicemente stare, senza dover per forza spendere soldi: in altre parole, you’re a patron, not a client. Si tratta di un luogo dove non soltanto puoi lavorare o svagarti attraverso la lettura, ma puoi utilizzare gratuitamente i computer per cercare lavoro e stampare curriculum, come facevano tantissimi avventori lì.

le biblioteche più belle del mondo
La biblioteca di San Francisco

E a proposito di lettura, vediamo un po’ insieme alcuni termini utili per parlare in inglese di ciò che si fa in una biblioteca, shall we? Se la biblioteca in cui siamo è una lending library, allora significa che dà in prestito libri. To lend, infatti, significa prestare. Noi cittadini invece prendiamo in prestito, o borrow, i libri dalla biblioteca. Altre due espressioni più avanzate delle precedenti per via dei temutissimi verbi frasali: possiamo anche check out a book from the library quando lo prendiamo in prestito, oppure possiamo pick up a book from the library. Quando lo riconsegniamo (to return) in ritardo, a volte dovremo pagare le overdue fees, una multa per il ritardo sulla consegna. Anche se queste a volte vengono waived, cancellate, come in questa storia su una biblioteca del Regno Unito che aveva commosso l’internet qualche anno fa.

4. Le biblioteche sono dei rifugi dal caos cittadino

Mi reputo una viaggiatrice piuttosto avventurosa e forse proprio per questo quando mi trovo all’estero ho bisogno di avere delle ancore di salvezza sparse tra una tappa e l’altra. Delle piccole bolle che mi riparino dal dover sempre essere all’erta quando viaggio da sola, un posto dove stare immersa nella quiete quando ne sento la necessità. E a proposito di quiete: sapevate che in inglese c’è una parola bellissima . shush! – per dire “shhhh!” ma anche “zittire”, tanto che è a tutti gli effetti un verbo: I can’t believe she shushed me! “Non posso credere che mi abbia zittito così!”.

Proprio andando alla ricerca del silenzio, qualche settimana fa mi sono rifugiata nella meravigliosa biblioteca centrale di Los Angeles, un edificio risalente agli anni Venti certamente tra i più significativi della zona di downtown. Los Angeles, e chi l’ha visitata ne è consapevole, sa essere davvero soverchiante. Una metropoli immensa, caotica, per certi versi spietata.

Un pomeriggio a bighellonare tra le sue magnifiche stanze era proprio ciò che serviva all’anima leggermente introversa e sensibile di chi vi sta scrivendo.

La Central Library di Los Angeles

5. Le biblioteche sono spesso tra gli edifici più spettacolari che possiate incontrare in viaggio

Qualche anno fa, durante un viaggio in treno nel Midwest, mi sono fiondata nella biblioteca pubblica di St. Louis che sapevo essere stata costruita a inizio Novecento grazie ai fondi donati da Andrew Carnegie. Sicuramente lo avrete almeno sentito nominare (se non altro per la Carnegie Hall, famosa sala concerti di New York), ma dovete sapere che fu per diverso tempo l’uomo più ricco d’America grazie al suo impero fondato sull’acciaio.

Carnegie è particolarmente amato dagli americani (al contrario di diversi suoi contemporanei come Frick o Rockefeller) perché si dice abbia donato oltre 90% del suo patrimonio per la costruzione di opere pubbliche e istituti di vario tipo, tra cui moltissime biblioteche.

La biblioteca pubblica di St. Louis, in Missouri

Un’altra biblioteca degna di nota dal punto di vista architettonico è la Central Public Library di Seattle, inaugurata nel 2004. L’edifico è progettato dall’architetto Rem Koolhaas, che avevo conosciuto perché in un’altra delle mie vite precedenti abitavo in Cina e mi capitava di passare spesso accanto al bizzarro edificio della CCTV, costruito sempre da lui.

Avevo visitato questa biblioteca durante il mio giro del mondo in treno nel 2011 (le foto che vedete qui provengono da un archivio pubblico perché ahimè ho perso tutte le mie foto da quel viaggio). Ero passata da Seattle apposta per intervistare i bibliotecari, che si erano appena dotati di uno smistatore di libri automatico che tramite lettura del codice di catalogazione era in grado di suddividere i libri riconsegnati dagli utenti in automatico. Quando era uscita l’intervista si trattava di un sistema all’avanguardia, oggi è adottato da moltissime altre biblioteche statunitensi.

La biblioteca di Seattle

E a proposito di librerie che lasciano a bocca aperta: che ne dite di questa research library (ovvero una biblioteca per la consultazione e non il prestito) dell’abbazia di Wiblingen, in Germania?

O di quest’altra, meravigliosa, di Stoccarda?

La biblioteca di Stoccarda

Mi sono dilungata troppo, come mio solito, ma è un argomento che mi sta molto a cuore. Raccontatemi, se avete voglia, di qualche vostro momento significativo legato a una biblioteca. Sono curiosa!

A presto,

Elena

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