Super Tuesday: le parole della politica americana in vista delle elezioni

Mi stavate aspettando, eh? Qualcuno già domenica mi scriveva su Instagram “ma perché non ci fai un bel post sulle parole della politica in inglese americano?”. Ma ovvio, mio caro lettore, il post era già in scrittura… Il problema è che poi mi sono persa via perché nel frattempo c’è stato qualche episodio di troppo di The Good Place (consigliatissimo, se non l’hai ancora visto). Oops.

Ma bando alle ciance, shall we begin?

In questo articolo voglio parlarti di alcuni dei termini americani più comuni quando si parla di campagne elettorali ed elezioni. L’occasione naturalmente è il Super Tuesday.

Ma cos’è questo Super Tuesday? Detto in parole povere, è il giorno in cui si va a votare in alcuni degli Stati più popolosi dell’Unione tra cui Texas e California. In ballo ci sono 1.344 delegati sui circa 4.000 totali, quasi un terzo. Questo significa che se a seguito del Super Tuesday si dovesse trovare un candidato in netto vantaggio, probabilmente sarà lui a conquistarsi la nomination democratica quest’estate. E sarà quindi lui a vedersela con Donald Trump nelle elezioni di novembre.

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Le parole della politica americana in vista delle elezioni

Dopo l’endorsement (sostegno) a Biden da parte di Pete Buttigieg ed Amy Klobuchar che si sono ritirati (they are out), possiamo dire che i candidati che si sfideranno in questo Super Tuesday sono quattro: Joe Biden, appunto, l’ex vicepresidente nell’amministrazione Obama; il miliardario ed ex sindaco di New York Michael Blooomberg; Bernie Sanders, il più radicale; ed Elizabeth Warren, senatrice del Massachusetts.

Ciascun candidato ha una platform, un programma in cui crede (che può sovrapporsi in tutto o in parte con il programma del partito di riferimento, in questo caso i Democratici) e sul quale basa la sua campagna elettorale (campaign o anche bid).

The presidential race, la gara

Quella verso la presidenza è una vera e propria gara, si chiamerà infatti presidential race. Non per nulla leggendo i giornali americani in questi giorni ti potresti imbattere in tanti termini che hanno a che fare proprio con la corsa. Al momento Sanders sembra essere il frontrunner, il “corridore in testa alla gara”, ovvero il favorito.

Non è dato sapere, però, per quanto tempo riuscirà a hold the lead, a mantenere questo vantaggio, perché gli altri candidati (che per adesso stanno trailing behind, rimanendo indietro) potrebbero utilizzare qualche improvviso asso nella manica. Non c’è dubbio per esempio che l’illimitata capacità di spesa di Bloomberg potrebbe fargli fare passi da gigante (to leapfrog, saltare come le rane), nonostante una performance non proprio brillante al suo primo dibattito pubblico (public debate).

Politics and showbusiness

La politica è spettacolo, nella terra a stelle e strisce. Così, la performance pubblica dei vari candidati rimbalza senza pietà sulle prime pagine di tutto il paese. Quella di Bloomberg è stata decisamente underwhelming, al di sotto delle aspettative. Quella di Warren, che l’ha preso a mazzate con la sua brillante retorica, è stata un overwhelming success, un successo schiacciante (uno dei grandi misteri della lingua inglese è perché una cosa possa essere overwhelming underwhelming, ma mai semplicemente “whelming”).

Difficile prevedere se ci sarà una vittoria decisiva da parte di uno dei candidati che potrebbe win by a landslide, o se invece ci toccherà rimanere in it for the long haul, a lungo termine, ancora in ascolto di previsioni, sondaggi  (polls) e opinionisti (pundits). Nel caso in cui uno dei candidati dovesse nettamente trionfare, tanti elettori potranno decidere di jump / climb on the bandwagon, saltare sul carro del vincitore.

Altre parole americane per parlare di queste elezioni

To gain momentum

La campagna di Biden has gained momentum con una grande vittoria in South Carolina, titola Vanity Fair. “To gain momentum” significa prendere slancio, soprattutto prima di una grande prova. Il movimento Fridays for Future, per esempio, gained momentum quando diversi canali televisivi hanno iniziato a intervistare Greta Thunberg.

It’s a grassroots movement

Un movimento grassroots è un movimento “dal basso”, dove i singoli cittadini sono spinti a provocare un cambiamento politico o sociale. Spesso si usa per contrasto rispetto alle élite o ai “veterani” della politica. Quello di Bernie Sanders è senza dubbio un grassroots movement, e lo si capisce anche dai finanziamenti. Mentre gli altri candidati hanno ottenuto donazioni dal valore di svariate migliaia di dollari da gruppi di interesse, comitati e singoli contribuenti molto ricchi, Sanders è riuscito nel solo mese di gennaio a raccogliere (to raise) 25 milioni di dollari attraverso donazioni private dal valore medio di 18 dollari. That’s what a grassroots movement does.

The race to the White House

Non sorprenderà nessuno sapere perché si chiama così. La cosa stramba, però, è che nei piani edilizi originali la Casa Bianca veniva sempre chiamata “the Palace” e solo a partire dal 1810 si iniziò a chiamarla col nome odierno, anche se curiosamente allora il palazzo non era bianco, bensì grigio per via della pietra con cui era costruito. Qualche anno più tardi gli inglesi vi appiccarono un incendio, si decise allora di dipingere l’esterno di bianco per coprire le tracce di fumo.

Un’altra curiosità: se sei già stato a Washington, sicuramente ricorderai che la Casa Bianca non è che una “casetta” vista da lontano. Pensa che invece fino a cent’anni fa era tutt’altro che una fortezza inespugnabile, si poteva infatti riposarsi nel giardino antistante e curiosare dalle finestre. Non solo: se aveste suonato il campanello, sarebbe stato a volte il presidente in persona a rispondervi…

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