Storia di una scatola e del perché ho fondato una scuola di inglese americano

Scrivo questo articolo a beneficio di chi ancora non mi segue su Instagram e quindi non può essere a conoscenza dell’effetto domino di solidarietà che si è creato nell’ultima settimana. Questa è una storia che parte da una scatola e finisce con una chiacchierata a 6 tra Italia e Stati Uniti.

La scatola

Poco più di una settimana fa ricevo una mail dagli Stati Uniti. Arriva dalla mia amica Michelle, che ho conosciuto l’anno scorso durante il mio viaggio in treno a bordo delle quattro linee transcontinentali americane. Mi aveva ospitata sul suo divano per una notte a Portland, in Oregon. Insieme avevamo visitato il giardino giapponese, ci eravamo perse tra i corridoi di Powell’s books (una delle mie librerie del cuore in USA, ne avevo scritto anche qui), avevamo fatto shopping in un farmers’ market e avevamo ripercorso le orme di Lewis e Clark e dei primi pionieri fino alla gola del fiume Columbia in una giornata di cieli tersi e aria frizzate.

Nonostante avessimo passato insieme un totale di forse 24 ore, è una di quelle amicizie che mi sembrano basate su qualcosa di molto più profondo e solido. Sarà che Couchsurfing aiuta ad abbattere le barriere istantaneamente, sarà che non sono mai stata una da small talk e quando conosco qualcuno vado subito al sodo, sarà che Michelle mi aveva rimessa un po’ in sesto durante un viaggio in cui ero stata malata praticamente tutto il resto del tempo.

Insomma, da allora siamo in contatto e ci scriviamo di frequente, soprattutto da quando è iniziata la pandemia. Questa volta, la sua mail mi colpisce perché dice così:

You might have seen that things are pretty dire in the US and especially in Portland.  I am looking for ways to bring joy into my life, which is in short supply these days.  Would you be willing to put together a little package of the best that your country has to offer?  It doesn’t have to be dramatic, but the contents should be a surprise.
Doing my best to make good out of a disastrous situation,
M.

Non soltanto gli Stati Uniti sono nel bel mezzo di una pandemia e di una crisi economica senza precedenti, ma Portland in particolare è la città che sta protestando da più tempo contro la brutalità della polizia e il razzismo sistemico, e la polizia federale sta usando metodi discutibili per sedare le proteste. I am looking for ways to bring joy into my life, which is in short supply these days.

Questa richiesta di Michelle mi ha riportato alla mente una cosa molto americana, ovvero i care packages. Ti racconto brevemente cosa sono.

Cosa sono i care packages

I care packages hanno origine a seguito della Seconda Guerra Mondiale: si trattava infatti di scatole di cartone contenenti gli avanzi alimentari dell’esercito americano, spediti in aiuto di un’Europa in ginocchio (“care” allora non stava per “cura”, ma era l’acronimo dell’organizzazione dietro all’iniziativa: la Cooperative for Assistance and Relief Everywhere).

Da allora, “care package” diventa sinonimo di una scatola di aiuti, o semplicemente piccole gioie. L’anno scorso, durante un roadtrip in Germania, ho incontrato i care packages persino in un museo di Lipsia: in quel caso si trattava di pacchi spediti dalla Germania Ovest alla Germania Est contenenti musicassette, barattoli di Nutella e jeans introvabili nel blocco sovietico.

Oggi i care packages sono pacchi spediti a membri della famiglia o amici che abitano lontani perché studiano all’università in un altro stato, o magari sono nell’esercito. Possono contenere di tutto, dagli snack agli asciugamani ricamati dalla nonna. Sono un modo per inviare delle piccole gioie e, in questo modo, sentirsi più vicini.

Un care package (o 30) dall’Italia a Portland

Ho pensato che quello di cui Michelle aveva bisogno era proprio un care package dall’Italia che le ricordasse che c’è un mondo al di fuori del suo cortile, al di fuori delle strade pattugliate dalla polizia, al di fuori di un paese che considera l’indossare le mascherine una inaccettabile lesione della propria libertà personale.

Così ho chiesto qualche consiglio alle persone che mi seguono su Instagram su cosa poterle mandare che fosse davvero una piccola gioia per lei. Ho ricevuto centinaia di consigli – l’80% era cibo, of course, ma mi avete suggerito anche libri, quaderni fatti a mano, kit per fare lo spritz e carillon. Ma soprattutto, quello che è successo è che circa trenta persone mi hanno chiesto l’indirizzo di Michelle, perché volevano poterle spedire un pacco personalmente.

Il potere della generosità

Quando ho raccontato di questa richiesta a Michelle, si è commossa. Non poteva credere che dei perfetti sconosciuti si fossero interessati a lei e avessero deciso di mandarle un care package, peraltro senza alcuna “spinta” da parte mia.

Per ringraziare i miei follower e i miei studenti, Michelle si è allora offerta – di nuovo, senza alcun incoraggiamento da parte mia, solo di sua iniziativa – di organizzare una call in cui un numero ristretto di studenti potesse farle qualche domanda per capire meglio la situazione di Portland e degli Stati Uniti in generale.

Il bello della generosità è che si rigenera: più ne dimostri verso l’universo, più te ne ritorna. 

Una conversazione tra Italia e Stati Uniti

Così ieri sera, concluse le lezioni della giornata, ho aperto Skype e ci siamo ritrovate tutte online. A Portland era tardo mattino. Avevo previsto la presenza di dieci studenti, ma contrattempi vari e connessioni ballerine hanno fatto sì che alla fine fossero in cinque.

Anche per me è stata un’ora e mezza illuminante. Non solo perché ogni conversazione mi permette di avere una visione più sfaccettata e profonda di ciò che significa essere americani, ma soprattutto perché l’intero incontro è stata la messa in pratica della filosofia che c’è dietro la mia scuola.

Perché ho fondato una scuola di inglese americano

Ho iniziato a insegnare inglese, ormai ufficialmente più di metà vita fa, perché il viaggio e la possibilità di ricevere stimoli dall’altrove sono stati la materia fondante della mia persona.

Sono fermamente convinta che nel dialogo e nello scambio risieda la vera ricchezza. E poter assistere a un dialogo così stimolante, ricco e illuminante ieri mi ha convinta ancora di più della bontà di questo progetto.

E non sono solo i numeri a dirmelo. Certo, potrei fare del marketing becero e vantarmi del fatto che i corsi siano quadruplicati in un anno, o del fatto che il fatturato di questo ultimo trimestre sia quasi cinque volte tanto quello dello stesso periodo l’anno scorso. E considerato l’anno che ho passato, lo ritengo un bel successo.

Ma i numeri raccontano solo una parte della soddisfazione.

Perché la vera ricchezza sta nel fatto che quello che è successo ieri è il risultato naturale di un lavoro che porto avanti da anni e che ha come obiettivo quello di avvicinarvi a una cultura “altra” – un lavoro che ho iniziato come giornalista, ho proseguito con due libri, continuo a fare raccontando i miei viaggi, ma che si cristallizza nella sua forma più pura quando insegno.

Ieri sera il mio intervento è stato davvero minimo: sapete che è con grande difficoltà che mi espongo e sono aliena da protagonismi vari. Ma brillo con voi nel momento in cui riuscite a raccontarvi senza filtri – a raccontare delle vostre paure, dei vostri successi – e accogliete allo stesso modo le parole dell’altro. Il mondo che amo esplorare è fatto di queste cose: è una rete fatta di empatia, di generosità, di voglia di raccontarsi e di ascoltare l’altro. E posso dire di aver raggiunto il mio obiettivo quando entrate a farne parte.

Volevo scrivere un messaggio breve, ma come al solito mi sono dilungata… concludo cogliendo l’occasione per ringraziare Michelle, per aver dato vita a tutto questo. E le studentesse di ieri, per la loro sensibilità e attenzione. Siete meravigliose!

A presto,

Elena

 

3 Comments

  • alessandra
    Posted 26 October 2020 18:28

    Bellissimo post, sia per la chicca raccontata che per il messaggio di fondo. Davvero complimenti!

    • ElenaRefraschini
      Posted 27 October 2020 16:36

      Grazie Alessandra. Non ho fatto altro che fare da tramite, sia Michelle che gli studenti sono stati meravigliosi. E se mi segui già su Instagram, sappi che ci sarà una sorpresa legata a questo evento tra poco! 😉

  • alessandra
    Posted 30 October 2020 11:46

    Assolutamente sì, seguo la pagina instagram combattendo la mia imbranataggine in materia social! 😉

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