George Washington nacque il 22 febbraio 1732 e per onorare la ricorrenza gli americani festeggiano ogni terzo lunedì di febbraio il Presidents’ Day, ovvero una giornata in celebrazione dei presidenti, quello di oggi e quelli del passato.
Nelle mie lezioni di inglese americano ci capita spesso di guardare discorsi presidenziali. Sono uno strumento utilissimo per sondare diversi aspetti della lingua americana: dal vocabolario politico alla prosodia, dalle tecniche di public speaking all’accento delle varie regioni.
Ed è proprio su questo ultimo punto che vorrei concentrarmi oggi. Ho pensato infatti di condividere qui qualche piccola curiosità (di facile digestione, s’intende) legata agli accenti dei presidenti americani.
L’idea per questo post in realtà era in fase di incubazione da un po’. Qualche anno fa, infatti, mi trovavo a Boston con mia madre e stavamo visitando un’attrazione imperdibile in città, ovvero la John F. Kennedy Presidential Library and Museum. Il museo è ovviamente ricco di materiale audio e video legato ai Kennedy. Proprio di fronte allo schermo che mostrava un discorso di JFK devo averle detto qualcosa del tipo “accidenti, senti quant’è affascinante il suo accento!”. Mia mamma, santa donna che ha sopportato i miei discorsi infiniti a tema americano durante quel viaggio di dieci giorni (e vorrei ben vedere, gliel’ho regalato per il suo compleanno!) non sapeva di cosa stessi parlando.
Il fatto è che quando sentiamo i presidenti statunitensi parlare in TV o quando li vediamo interpretati da attori nei film di Hollywood (e doppiati in italiano!), quasi sempre non cogliamo il sottotesto che invece un americano elabora al volo.
Ed è proprio per questo che ho creato la mia scuola di Inglese Americano. Per aiutare chi è affascinato dagli Stati Uniti a decodificare quei segnali che altrimenti perderebbe.
Eccoti dunque un breve assaggio di quello che condivido con chi partecipa ai miei corsi quando guardiamo i discorsi presidenziali. I presidenti vengono nominati in ordine cronologico inverso, così, per non fare favoritismi. Ti consiglio di seguire i discorsi nei video con i sottotitoli in inglese, così sarà più facile cogliere il suono di certe parole.
Cosa ci possono insegnare 5 presidenti sull’accento inglese americano
5) Donald Trump
Partiamo ovviamente da The Donald. La famiglia Trump viene da New York e il tycoon mantiene ancora qualche tratto della parlata del Queens. Quello newyorkese – popolarizzato in film notissimi come Gangs of New York o The Wolf of Wall Street – è un accento molto distintivo. Si riconosce, per esempio, dalla non-pronuncia della [r] in parole come pa[r]k o fou[r]th, e dalla pronuncia molto diversa rispetto allo standard della vocale [a] in parole come c[o]ffee o d[o]g. Trump non fa spesso uso di questi suoni tipici perché sono ora associati a classi sociali basse, alle quali ovviamente non appartiene. In ogni caso, quella newyorkese è una parlata tradizionalmente associata a una certa efficienza, capacità decisionale e assertività. E per queste qualità, Trump è stato in grado di sfruttarla.
Ascolta pochi secondi di questa intervista fatta a un giovane Trump: senti come pronuncia smarter? Non c’è [r].
Eccoti poi uno stralcio di The Wolf of Wall Street (ché un DiCaprio al giorno toglie il medico di torno). Senti la pronuncia della [r] in here, circa al 10° secondo? No, perché non c’è.
4) Barack Obama
Obama, lo saprai, viene da Chicago. Non è la provenienza geografica, però, il colore più caratteristico della sua parlata. Quando un americano pensa al modo di esprimersi dell’ex presidente, pensa sicuramente al ritmo. Era una sua abitudine, infatti, quella di “spezzare” di frequente la frase, lasciando cadere l’intonazione alla fine di ogni “pezzo”. Un qualsiasi stralcio dai suoi discorsi evidenzia questa prosodia, che lo aiutava anche nel creare frasi complesse, con tante subordinate e dal vocabolario molto ricco.
3) George W. Bush
Ma arriviamo finalmente agli accenti più marcati. George W. Bush è nato in New England ma si trasferì molto presto con la famiglia in Texas, ed ecco da dove viene la sua parlata così caratteristica e nasale. L’accento texano impatta diversi suoni vocalici in questo discorso di Bush, ma sarebbe un discorso troppo complesso da sviluppare qui (se ti interessa però c’è il corso avanzato che tengo per AIIC, l’Associazione che riunisce interpreti da tutto il mondo, in cui esploriamo dal punto di vista tecnico gli accenti regionali, e molto altro). Per ora ti basterà notare soprattutto le sue [r], più pronunciate rispetto all’accento americano standard.
E parlando di accento texano (che tutti sappiamo essere il più sexy, of course) una menzione speciale non può che andare a Matthew McConaughey, che porta alto l’onore del Texas e del suo accento nel mondo:
2) Bill Clinton
Bill Clinton è nato in Arkansas, nel Sud degli Stati Uniti. Il suo accento dunque presenta le caratteristiche tipiche di quelle zone, tra cui la tendenza a pronunciare la [e] in then come thin e il dittongo eɪ come aɪ (per esempio, “state” diventa non steit ma stait). Guarda il seguente video: nei primi 30 secondi un giovane Clinton dice “they knew each other then” e “she left our State now” La pronuncia tipica del Southern accent si sente in entrambe le frasi. La parlata del Sud è avvertita dagli americani come espressione di uno stile di vita lento e atteggiamento gentile, impressione che va a braccetto con la forte tradizione legata all’ospitalità degli ex stati confederati tra cui appunto l’Arkansas ma anche le Caroline, il Mississippi e l’Alabama.
Già che ci siamo: “Kansas” e “Arkansas” si pronunciano in modo diverso. Il primo sarà simile a Kènsas, il secondo più a Arkonsàh (la -s finale è infatti muta, come nel caso di “Illinois”). Naturalmente questa regola è valida per quando parli in inglese. In italiano, potrai pronunciare i nomi di questi Stati all’italiana. L’importante è infatti che le persone ci capiscano quando parliamo, e optare per ɑɹ.kən.sɔ anziché letteralmente “Arkansas” creerebbe solo confusione nel nostro interlocutore in italiano.
1) John Fitzgerald Kennedy
Ed eccoci finalmente arrivati a lui. Kennedy è forse ciò che di più raffinatamente bostoniano esista al mondo. La sua parlata esibisce tratti molto, molto marcati che ogni americano riconosce senza doverci pensare. Tra questi c’è soprattutto la mancanza della [r] in alcune parole: l’accento di Boston si chiama tecnicamente non-rotico, ovvero non pronuncia (o meglio, “vocalizza” ovvero trasforma in vocale /ə/) le [r], specialmente se a fine parola.
Il suo accento ci parla di una classe politica aristocratica, altamente istruita, dalle radici che affondano nel Vecchio Mondo. Richiama alla mente immagini di coste frastagliate, fari immacolati, completi alla marinaresca e astici cotti a puntino. Per esplorare le suggestioni legate a questa grande dinastia americana, ecco due link di qualità: un tour nella Boston dei Kennedy dal sito di Simona Sacri (che vi esorto nuovamente a seguire perché è una vera miniera di consigli per viaggi in USA) e una serie di fotografie rese pubbliche da poco sull’Atlantic che mostrano la famiglia intenta a godere dei passatempi tipicamente marittimi della costa del New England.
Se poi il tuo livello di inglese è intermedio (B1), ti ricordo che esiste anche un Americanino dedicato proprio al New England: si chiama Maine Glaze e trovi più informazioni qui.
Ascolta il suo discorso qui sotto e nota come la mancanza della [r] si senta moltissimo in parole come fear e far.
Ho un altro video gustosissimo da mostrarti relativo all’accento di Boston. Ricordi quando un paio di settimane fa abbiamo parlato del Superbowl e di quanto iconiche siano le pubblicità che vengono mandate in onda durante la finale? Ecco. Quest’anno una delle mie pubblicità preferite è stata quella della Hyundai Sonata, una smart car (anzi, pardon: sma-t ca-) appena messa sul mercato. Senti come le [r] siano tutte dropped, non pronunciate: dal How aaaa ya (non are) di Chris Evans al Let me park it di John Krasinski che diventa Lemme pèk it.
Siamo giunti alla fine di questo breve viaggio attraverso gli accenti americani. Hai già trovato il tuo preferito? Puoi raccontarmelo qui nei commenti o su Instagram.
See ya! 🙂
Elena