Qualche giorno fa ho chiesto alla mia community su Instagram quale film natalizio sarebbe piaciuto che io analizzassi. Ormai è una tradizione: due anni fa era stato il turno del classico film “Una poltrona per due” (o “Trading Places”, in originale), l’anno scorso invece di “Mamma ho perso l’aereo” (“Home Alone”). In questi articoli trovi riferimenti linguistici e culturali che potresti non avere colto se non hai mai visto quei film natalizi in lingua originale.
Il film più votato in assoluto nel sondaggio è stato “Elf”, e dunque mi sono subito messa al lavoro. Eccoci qui con le 6 cose che ti sono sfuggite se non hai mai visto “Elf” in inglese.
6 cose che ti sono sfuggite se non hai mai visto “Elf” in lingua originale
1. “Buddy”
“Elf” racconta la storia di un orfano che, la notte di Natale, si intrufola di soppiatto nel sacco di Babbo Natale e che viene quindi cresciuto dagli Elfi. Quando scopre di avere un padre, va a New York per incontrarlo, ma naturalmente i suoi piani non andranno come aveva previsto.
Il protagonista si chiama Buddy, come si evidenzia ancora di più nel titolo italiano “Elf – un elfo di nome Buddy”. Il nome deriva da un simpatico equivoco: come puoi vedere nella scena qui sotto, quando il bimbo esce dal sacco di Babbo Natale al Polo Nord e viene notato dagli Elfi indossa un pannolino con l’etichetta che dice “Little Buddy Diapers“. “Little Buddy” è infatti una marca di pannolini. Conoscendo poco il mondo degli umani, gli elfi pensano che quello sia proprio il nome del bambino, ed è così che verrà chiamato in tutto il film.
Buddy è per noi una parola affascinante da guardare nel dettaglio. Il motivo per cui una marca di pannolini può chiamarsi “Little Buddy”, infatti, è perché questa espressione può essere tradotta più o meno come “piccolino” o “piccolina”. Quando una madre solleva il bimbo dalla culla e lo saluta, molto spesso infatti dirà “hey, little buddy!” che potremmo tradurre con “buongiorno, piccolino”.
Buddy però ha anche altri significati che hanno a che fare con la vita personale e professionale degli americani. “Buddy” infatti può essere semplicemente un amico: “he’s my buddy“, è mio amico. Peraltro, proprio per questo abbiamo anche il verbo to buddy up to someone che significa proprio fare amicizia con qualcuno. Curiosamente, però, buddy è anche come ci rivolgiamo a una persona che non conosciamo e a cui chiediamo un’informazione rapida (“hey buddy, what floor is the doctor’s office on?”) oppure a una persona che conosciamo ma di cui – accidenti – proprio non ricordiamo il nome.
Buddy si usa anche per indicare una persona che fa sempre una certa attività con te. Potremmo avere per esempio un fishing buddy, un cooking buddy, un bookclub buddy. Per questo, nel mondo aziendale ci si riferisce a un buddy system quando per una nuova persona assunta viene previsto un sistema di affiancamento, cosicché da una parte possa imparare il funzionamento dell’azienda da una persona che ci lavora da più tempo, e dall’altra può portare miglioramenti che provengono da esperienze lavorative passate.
Si utilizza un buddy system o un buddy program anche nei quartieri difficili delle grandi città americane: per esempio, a San Francisco è stato implementato un programma di accompagnamento nelle loro passeggiate quotidiane per gli anziani di origine asiatica l’anno scorso, a seguito di numerosi attacchi razzisti ai loro danni.
2. “Per le corna di mille renne stanche…”
Quando Babbo Natale nota il bimbo che sta per uscire dal suo sacco, in italiano usa un’esclamazione piuttosto antiquata e buffa: “Per le corna di mille renne stanche, chi c’è là dentro?”
L’espressione in lingua originale invece era “What in the name of Sam Hill is that?”, che più o meno significa la stessa cosa. Anche se l’espressione “in the name of Sam Hill” è di origine incerta, infatti, possiamo supporre che sia un modo per evitare di usare una parola volgare per esprimere sorpresa, proprio come potrebbe fare un nonnino. La resa in italiano qui, secondo me, funziona molto bene perché aggiunge all’idea di antiquato anche un elemento natalizio che si accorda con Babbo Natale.
3. Un viaggio nel giocattoli dei primi anni Duemila
Nei primi anni Duemila andavano di moda alcuni giocattoli, e lo scopriamo grazie alla “production schedule”, la tabella di produzione che un elfo condivide con Buddy per comunicargli che dovrebbe lavorare più velocemente per produrre tutti i giocattoli in tempo per il Natale.
Vediamo insieme con quali giochi giocavano i bambini americani vent’anni fa.
Abbiamo la Barbie, conosciuta in tutto il mondo. Abbiamo poi Jackhammer Bob, “Bob il martello pneumatico”, un pupazzo-costruttore che vibra al ritmo del martello che afferra. Abbiamo il classico Monopoly, così come le palle da football o le mazze da baseball. C’è anche Mr Potato Head, che sicuramente ricorderai dal film Toy Story. Ci sono i wooden rings, quei cerchi in legno con cui credo tutti abbiamo giocato. Appaiono anche i tonka trucks, i camion da costruzione. E la famosa Etch-a-Sketch, la lavagnetta cancellabile (da “to etch”, imprimere un segno, e “a sketch”, uno schizzo).
E se ti interessa questo argomento, ti ricordo che nell’Americanino sul Natale “When it’s Snowing Outside” c’è una lezione intera dedicata ai giocattoli vintage con cui giocavano gli americani.
4. Dr. Seuss diventa “i fratelli Grimm”
Nel film, il padre di Buddy è titolare di una casa editrice che pubblica libri per l’infanzia. I suoi due autori di punta, però, non stanno attraversando un periodo molto creativo e così decide di contattare il più famoso autore di libri per bambini perché scriva una storia per loro. Al solo nominare l’autore, gli altri due dicono così:
Volendo dire che ha scritto più classici del famosissimo autore per bambini Dr. Seuss. In Italia è certamente meno conosciuto che negli Stati Uniti e così questa battuta diventa “ha scritto più libri classici dei fratelli Grimm”: un adattamento che secondo me funziona bene, dato che ci restituisce il senso di un autore molto prolifico e di qualità.
5. La casa a Vail
Quando il celebre autore per bambini arriva per presentare la sua idea (spoiler alert: è Peter Dinklage, Tyrion Lannister in Game of Thrones!), si trova invischiato in uno scambio molto imbarazzante con Buddy, che data la bassa statura lo scambia ingenuamente per un elfo. Il famoso autore ovviamente si arrabbia e per rimettere Buddy al suo posto gli dice “I get more action in a week than you’ve had your entire life”, che significa che va a letto con più ragazze lui in una settimana che Buddy in tutta la vita. In italiano, però si sceglie una direzione più casta, traducendo quella battuta in “faccio più cose io in una settimana che tu in tutta la vita”.
Si vanta anche del suo successo economico dicendo che ha case a Los Angeles, Parigi e Vail, una località sciistica molto chic in Colorado. In italiano si sarebbe perso il senso del nominare proprio quella località, che viene allora tradotta con “Londra”.
6. I ranger a cavallo sono “troppo entusiasti”
Quando qualcosa di misterioso succede a Central Park (noi sappiamo che è caduta la slitta di Babbo Natale) vengono chiamati sul campo i famigerati ranger del parco, rappresentati come guardie oscure in groppa a giganteschi cavalli neri. La voce fuoricampo della giornalista che sta facendo la telecronaca dell’evento ci informa che le guardie sono ancora nel mezzo di un processo giudiziario perché sono stati accusati di “eccessivo entusiasmo” nel gestire la folla a un concerto di Simon & Garfunkel qualche anno prima.
Quell’espressione nella versione originale era che le guardie erano state troppo “gung-ho”. Sono saltata sul divano quando ho notato questa espressione perché è una delle mie preferite essendo una perla rara: dalle origini piuttosto fumose, è infatti una delle pochissime parole di lingua cinese che sono entrare nel linguaggio quotidiano americano proprio per indicare eccessivo zelo o entusiasmo, spesso quando si tratta di criticare il lavoro della polizia (ma non solo).
Bene, è tutto. Spero che questo viaggio nei riferimenti culturali e nelle parole americane nel film “Elf” vi sia piaciuto. Un brindisi a un altro anno passato insieme e una fetta di Pandoro a tutti voi!
Buone feste,
Elena