Ormai è una tradizione: appena ci avviciniamo alle feste natalizie, qui su Inglese Americano scegliamo insieme un film natalizio da confrontare nelle sue versioni originale e italiana. Il primo anno l’abbiamo dedicato al grande classico natalizio (non poteva essere altrimenti!) “Una poltrona per due“. L’anno successivo è stata la volta del film della mia (e anche vostra, suppongo) infanzia “Mamma ho perso l’aereo“, con un articolo che è tuttora tra i più letti. L’anno scorso, tante persone tra voi mi avevano chiesto un confronto tra la versione doppiata e quella originale di “Elf“.
Quest’anno purtroppo è stato il mio turno di prendermi il Covid, quindi non ho avuto né il tempo né le energie per organizzare un sondaggio tra voi come avevo sempre fatto. Complice però un recentissimo viaggio a Londra (da cui proprio il Covid è stato il souvenir meno gradito, mannaggia), la scelta è stata quasi obbligata.
Quest’anno infatti vedremo insieme “The Holiday”, in italiano “L’amore non va in vacanza”: cosa ti sei persa o perso se non l’hai mai visto in lingua originale?
6 curiosità se non hai mai visto “L’amore non va in vacanza” in inglese
Nella remota ipotesi che tu non abbia mai visto questo film, te lo racconto in brevissimo.
Nelle prime scene ci vengono presentate due donne, entrambe soddisfatte professionalmente ma dalla vita amorosa travagliata: da un lato dell’oceano abbiamo Iris (Kate Winslet), che lavora come giornalista presso un quotidiano londinese ed è perdutamente innamorata di un collega con cui flirta da anni ma che nel frattempo sta per sposare un’altra senza preoccuparsi di dirglielo. Dall’altra abbiamo Amanda, produttrice di trailer cinematografici con mega-villa a Los Angeles, che lascia il fidanzato poco prima delle feste natalizie dopo che scopre che era andato a letto con la segretaria.
Le vite delle due donne si incrociano in un modo che ha fatto la storia: tramite un sito di home exchange, infatti, decidono di scambiarsi casa per il periodo delle feste natalizie. Non c’è bisogno che lo dica, ma entrambe dalla vacanza ricavano molto più che un alloggio gratis: arriva l’ammòre. Dico che la premessa del film ha fatto la storia perché il viaggiare tramite home exchange o house swap esisteva già prima che il film di Nancy Meyers conquistasse i botteghini nel 2006, ma è diventato molto più popolare a partire da allora ed è persino sbarcato su TikTok non troppo tempo fa. Prima o poi lo proverò, mi intriga tantissimo.
Ora che abbiamo familiarità con la storia, vediamo insieme quali sono le curiosità che non hai colto se non hai mai visto “L’amore non va in vacanza” in inglese.
In questo articolo parleremo:
- del titolo del film
- delle differenze tra l’accento americano e l’accento britannico e come riconoscerli
- di alcune parolacce che si usano in US e UK e come sono state rese in italiano
- di alcuni riferimenti alla cultura yiddish che appaiono nel film e come sono stati resi in italiano
- e infine di alcuni elementi da tenere presente quando si giudica un doppiaggio, tra cui il movimento delle labbra (importantissimo)
Partiamo!
1) Il titolo del film
Dei titoli dei film tradotti dall’inglese potremmo parlare per ore, da quelli ben riusciti (come “Mamma, ho perso l’aereo” da “Home Alone”, che ha dato origine a una serie infinita di titoli in italiano che facevano “tizio, ho fatto XY”) a quelli che diventano simbolo degli adattamenti a caso (“Se mi lasci ti cancello”, inspiegabile versione di “Eternal Sunshine of the Spotless Mind”).
Considerando il risultato di queste operazioni su uno spettro e non come una questione binaria del tipo “titolo stupendo” / “titolo orribile”, secondo la mia modesta opinione questo titolo è piuttosto mediocre, ma sarà che ho una reazione allergica ogni volta che vedo la parola “amore” nel titolo di un film. Yuck.
Naturalmente nella versione originale il film si chiamava “The Holiday”: la vacanza. Perché non è stato mantenuto? Forse perché i titoli brevi in italiano raramente restano, a parte qualche caso (es. “Jaws”, “mascella” diventa “Lo squalo”). Diciamo che poteva andarci molto meglio ma poteva anche andarci peggio. Hai un’idea migliore su come intitolare questo film? Aspetto la tua nei commenti. No, “Quant’è bello Jude Law” non vale.
2) Chi parla inglese britannico e chi inglese americano
Una persona che guarda questo film in lingua originale ne può apprezzare un aspetto importantissimo senza nemmeno accorgersene: Kate Winslet e Jude Law parlano con accento britannico (gli attori stessi sono nati in Inghilterra, a Reading e Londra rispettivamente), mentre i californiani Cameron Diaz e Jack Black con accento americano (Diaz è nata a San Diego, Black è di Santa Monica).
Normalmente, il paese di provenienza degli attori non è di grande importanza, perché se sono di talento riescono a recitare in un accento diverso da quello in cui parlano (peraltro proprio da queste parti avevamo elogiato Kate Winslet per la sua superba interpretazione in Mare of Easttown, in cui parla con l’accento di Philadelphia). Ma “The Holiday” è stato immaginato dalla regista proprio con questi quattro attori nel ruolo dei protagonisti, e mi piace pensare che le loro voci – proprio quelle delle persone, non dei personaggi – abbiano avuto un ruolo importante nel dar forma ai rispettivi ruoli nel film.
Come riconoscere l’accento britannico e quello americano?
Se sai cosa cercare, riconoscere l’accento britannico e quello americano è molto facile. Guardiamo il trailer e facciamo un giochino.
Il suono R nell’accento americano e nell’accento britannico
Uno dei suoni “spia” che ci fa distinguere i due accenti più facilmente è la R a fine parola. Guarda i primi secondi del trailer e presta attenzione (anche con i sottotitoli attivati, se vuoi) a come Cameron Diaz pronuncia le parole “each other” e “with her“. Senti che la R è molto pronunciata?
Questo perché l’accento americano è (prevalentemente) rotico, ovvero pronuncia la R postvocalica. Pochi secondi dopo inizia la clip dedicata alla storia di Kate Winslet. Senti come pronuncia il nome della sua fiamma, “Jasper“? Esatto: al posto della R lascia la bocca semi-aperta, così il nome suona tipo “Jaspa”. Tecnicamente la R si dice che viene vocalizzata, perché al suo posto pronunciamo, appunto, una vocale. L’accento britannico è prevalentemente non rotico, perché pronuncia le R solo quando seguite da vocale (per esempio, in “rat” o “carat” la R è pronunciata, ma non in “car”).
Circa a 00:57 del trailer potrai fare la prova del nove, perché entrambe le donne una dopo l’altra dicono “I’m here”: proprio la parola “here” verrà pronunciata con una R finale da Diaz, con una vocale da Winslet. Easy, no?
Ci sono poi alcuni suoni vocalici che ci possono aiutare a distinguere i due accenti. Quando le due donne sono al telefono sentirai entrambe dire “Amanda” (il personaggio interpretato da Diaz): Diaz lo dirà più o meno come “Amènda”, mentre l’inglese Winslet lo pronuncia con una a più chiusa. Entrambe, poi, esclameranno “Oh my God”: Diaz lo pronuncia come “gad”, Winslet più come “god”.
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Fine dell’intermezzo pubblicitario, torniamo a noi.
3) Le parolacce non sono le stesse in UK e in US
Sicuramente ti sarà capitato, gironzolando su internet o sui social, di imbatterti in uno di quegli schemini che illustrano le parole che in inglese britannico e americano si usano per indicare la stessa cosa: l’ascensore che si chiama “lift” (UK) e “elevator” (US), i biscotti si chiamano “biscuits” (UK) e “cookies” (US), eccetera. C’è un motivo se da queste parti, nonostante ci si riconosca una certa autorità ormai per quanto riguarda l’inglese americano, non abbiamo mai prodotto contenuti simili.
Come mai? Personalmente li trovo quando va bene banali, quando va male scorretti e fuorvianti. Vogliamo veramente far credere che le differenze tra i due inglesi si riducano a una manciata di parole? Se fosse così, chiaramente questa scuola non avrebbe senso di esistere!
La verità è che c’è un oceano tra le due varietà di inglese (ah-ah, perdona il gioco di parole) e ci sono mille percorsi che potremmo intraprendere per vedere le differenze di lessico, grammatica, pronuncia e cultura – dici poco – tra le due.
Su un aspetto in particolare vorrei soffermarmi qui oggi però: le parolacce.
Perché negli Stati Uniti e nel Regno Unito si usano espressioni colorite molto diverse. Sapevi per esempio che “f**k” è la parolaccia più comune nei campus universitari americani, mentre “bloody” è quella più usata in UK? In USA “bloody” vuol dire semplicemente “insanguinato”, mentre in UK la si troverà di frequente nell’espressione che usa Emily Blunt qui sotto (simile a “cavolo”):
Nel film questo si vede quando viene rivelato il tradimento subito da entrambe le donne, da una parte e dell’altra dell’oceano. L’amica di Kate Winslet le chiederà “You’re not still shagging him, right?” (“Non ci stai ancora andando a letto, vero?”) con un Britishissimo “to shag”. La statunitense Cameron Diaz, invece, dirà che il suo compagno stava “schtupping” la segretaria, usando un meraviglioso termine yiddish per indicare il fare sesso, specie fuori dal matrimonio.
4) I riferimenti alla cultura yiddish
Durante il soggiorno a Los Angeles Iris finisce per fare amicizia con un anziano sceneggiatore, Arthur, che invita alcuni suoi amici a cena per fare compagnia alla nuova arrivata inglese. Siamo nel periodo di Hanukkah, così senza volerlo la festa si tramuta nella celebrazione ebraica che occupa otto giorni attorno alla fine di dicembre.
Quando Iris invita Miles (Jack Black) a unirsi a loro, nella versione originale lui le risponde: “All right, yeah. I could play spin the dreidel“, facendo riferimento a un gioco tipico di questa festività dove è previsto che si faccia girare (“spin”) una trottola di legno (chiamata appunto “dreidel” in yiddish).
In Italia purtroppo non abbiamo grandissima familiarità con le tradizioni ebraiche, perlomeno non allo stesso livello degli Stati Uniti, così si è deciso di eliminare il riferimento alla cultura yiddish e far accettare l’invito a Miles così: “Ok, sì, potremmo farci un giro di carte”. Penso sia una buona soluzione, perché ci permette di immaginare un gruppo di commensali tendenzialmente avanti con l’età che gioca dopo aver cenato insieme.
Poco dopo, a cena, appare un altro riferimento alla cultura yiddish. Si parla infatti del famoso vino kosher Manishevitz. Anche in questo caso, si presuppone che lo spettatore italiano non abbia idea di che vino si tratti, quindi Miles dirà solo “credo di aver bevuto troppo”.
Disclaimer: ti sto raccontando qui alcuni passaggi del film che pongono sfide per chi lo deve adattare al pubblico italiano. Chiaramente è un lavoro difficile, dove non c’è quasi mai una soluzione perfetta al 100% e dove non ci sia alcuna perdita rispetto all’originale. Sfruttiamo questo spazio per discuterne insieme ma non insultiamo il lavoro di chi ha passato mesi – e non pochi minuti – a lavorarci su! 🙂
5) Dove il mondo delle parolacce e quello yiddish s’incontrano: schmuck
Quando Iris è a cena fuori con il suo nuovo anziano amico, gli confessa che è negli Stati Uniti perché voleva scappare da un “ex ragazzo che si è fidanzato con un’altra e si è dimenticato di dirmelo”. In inglese, la reazione di Arthur è davvero priceless, infatti le dice: “So, he’s a schmuck!“.
Schmuck è una parola originaria dello yiddish ma ormai entrata, passando dall’inglese newyorkese, nella parlata di tutti gli americani ed è l’insulto perfetto. Indica infatti una persona sgradevole, cattiva, ottusa (dello yiddish e di schmuck ti avevo parlato anche qui, in un articolo sulla Marvelous Mrs. Maisel). Simile a “idiota”. Nella versione italiana si sceglie di alzare un po’ il volume dell’offesa, che diventa “beh, allora è un brutto stronzo!”. I due termini denigratori non sono completamente sovrapponibili ma, nel contesto della scena, funziona.
6) Nota il labiale
Tutto sommato, confrontando le due versioni (sì, ho guardato il film scena per scena prima in una lingua e poi nell’altra) ho trovato l’adattamento italiano ben riuscito. Ci sono un paio di scene che mi hanno fatta sorridere e che voglio raccontarti qui.
All’inizio del film, quando Iris torna nel suo meraviglioso cottage nella campagna inglese dopo aver scoperto dell’imminente matrimonio del suo amato, contempla il suic*dio inalando del gas dal piano cottura. Poi corre verso la finestra e aprendola con foga, nell’originale, esclama “Low point, low point” ovvero “Che punto basso ho raggiunto!”. Una traduzione letterale non sarebbe mai stata possibile qui, perché la sua bocca pronuncia pochissime sillabe. Cosa dice dunque nella versione italiana? “Sto impazzendo, sto impazzendo”. È una soluzione che funziona benissimo anche perché a quella p in “point” corrisponde proprio la p di “impazzendo”.
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Quando si adatta un prodotto audiovisivo, infatti, ci sono alcune considerazioni da fare che sono molto diverse da quando si sta traducendo un testo scritto (per esempio un libro). Banalmente, bisogna rispettare per quanto possibile il labiale: se il personaggio nell’originale sta pronunciando un suono molto aperto, anche in italiano dovrà cadere una vocale in quel punto e non, che ne so, una m (che prevede che la bocca sia chiusa). Stesso discorso vale al contrario.
Ti parlo poi della famosa scena dove Iris è al telefono con Amanda ma crede invece di parlare col fratello (Jude Law) e lo insulta pesantemente per essersi portato a letto l’ospite (qui usa “get into her knickers”, un’altra espressione molto British come quelle che abbiamo visto al punto 3!). Una volta accortasi dell’errore, peraltro fatto due volte di fila, Iris esclama “Bollocks!”: una specie di “merda!” nostrana. Nella versione italiana, più che la sua rabbia, scelgono di dare risalto alla frustrazione dell’aver ripetuto lo stesso errore due volte, e infatti grida: “Cheppalle!”. Dove la b di “bollocks” corrisponde esattamente alla “p” di palle. Benfatto.
Bene, abbiamo finito. Spero che questo nuovo viaggio a tema natalizio abbia suscitato un po’ di curiosità e che magari ti ispiri a guardare “The Holiday” in lingua originale, così da scoprirci qualcosa di nuovo sulla cultura americana e inglese.
A presto e grazie di avermi seguita fin qui. Ti aspetto nei commenti!
Elena